Oggigiorno la tecnologia appartiene interamente alle nostre vite. Ma è solo da demonizzare? I dispositivi che tutti conosciamo (tv, computer, tablet, cellulare) possono avere una doppia faccia.
PRO:
A livello cognitivo
– migliora l’attenzione
– migliora la memoria
– migliorano le funzioni esecutive (problem solving, capacità di passare da un compito all’altro e mantenimento dell’obiettivo)
Alcuni trattamenti vengono svolti anche in maniera tecnologica: si utilizzano i videogiochi per i Disturbi dell’Apprendimento o la realtà virtuale in caso di disturbi dello spettro autistico
CONTRO:
– distanza generazionale: i genitori non riescono a entrare nel mondo dei figli “nativi digitali”
– creazione Avatar: il bambino non riesce più a distinguere il vero sé da quello digitale
– discriminazione socio-economica: non tutti si possono permettere i dispositivi all’ultima moda (l’ultimo iPhone o l’ultima consolle)
COSA FARE:
È importante
– educare i genitori all’utilizzo dei media con i ragazzi: la famiglia non deve passivamente guardare il bambino che gioca e magari sgridarlo, deve cercare di entrare nel mondo del ragazzo e giocare insieme a lui o comunque provare ad utilizzare i programmi seguiti dal ragazzo per comprendere la sua interiorità o le possibili richieste d’aiuto
– variare la dieta digitale: far fare al ragazzo attività sia indoor che outdoor. Un esempio di App che cerca di integrare attività all’aperto con il virtuale è Pokemon Go
– responsabilizzare i ragazzi nell’utilizzo dei social: a mio parere sarebbe importante inserire l’educazione ai media come materia curriculare come accade all’estero, con lo scopo di insegnare già ai bambini in prima età scolare a riconoscere un messaggio pericoloso e ad autoregolarsi, senza che il genitore debba dare tempi limite di gioco o di uso dei dispositivi tecnologici
RISCHI:
L’estremo rischio della tecnologia si traduce in:
– Dipendenze tecnologiche, dai dispositivi elettronici
– Hikikomori: chi decide di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi, rinchiudendosi nella propria abitazione, senza aver nessun tipo di contatto diretto con il mondo esterno, talvolta nemmeno con i propri genitori.
Psicologa Giulia Ballarini



